Un mondo di sapori unconventional

Racconti di alcune mie esperienze gastronomiche in giro per il mondo.

Il viaggio, secondo me, nutre la mente di esperienze, ma anche il palato di novità . Mette nella pancia il gusto dei saperi e dei sapori dei luoghi in cui ci troviamo e aiuta a far si che ci si  comprenda reciprocamente.

Purtroppo non sempre ci riesce così automatico di liberare il nostro pensiero, oppure il nostro abituale gusto di fronte ad ataviche manifestazioni di ospitalità o verso i cibi locali, molto differenti dai nostri .

Viaggiare mi ha sicuramente aiutato a crescere e a progredire nella mia formazione. Ho imparato a mangiare cose che mai avrei pensato di ingerire.

Quando si viaggia, bisogna essere preparati perché se si è ospiti e si desidera essere “accettati” dal gruppo, in qualsiasi parte del mondo, bisogna assolutamente rispettare le tradizioni e tutto ciò che ci viene offerto.

Il rito conviviale del pranzo o della cena, in ogni luogo  è considerato il momento dove ci si siede in compagnia di amici o parenti, per cui è necessario comportarsi adeguatamente.

Quando ho pranzato con i Tuareg in Mauritania, prima c’è stato il lavaggio dei piedi e delle mani con l’acqua alle rose e poi in un tavolo basso di ottone l’uomo più anziano ha versato dell’olio dal colore verde intenso . Sempre il più anziano ha intriso un pezzo di pane che ha precedentemente spezzato da una grossa pagnotta tonda e che poi ha fatto girare, per  far ripetere lo stesso rituale a tutti i presenti seduti per terra sui tappeti.

E’ stato emozionante e mi ha ricordato in qualche modo il rito della “ Comunione”.

In Algeria nel deserto del Tassili n’Ajjer, la nostra jeap ha subito un guasto, allora l’auto di appoggio si è allontanata per più di 48 ore per raggiungere il centro più vicino con lo scopo di far riparare il pezzo fuori uso.

Questa per me è stata una esperienza indimenticabile. Degli uomini blu in transito coi loro dromedari e mercanzie, si sono fermati , hanno acceso un grande falò  e tra canti, aneddoti, preghiere , ci hanno fatto conoscere in modo molto romantico la volta celeste,  ci hanno insegnato ad ascoltare il rumore del  silenzio nel deserto e a sopravvivere con 5 datteri  enormi al giorno, ci hanno sistemato e spiegato l’importanza del turbante per ripararci dalla sabbia.

E’ stata una totale full immersion di saggezza e poesia e la cosa più strana è che in nessun momento ho provato  paura o disagio ed il fatto di aver esaurito il cibo non mi ha spaventato. I nostri nuovi amici non ci hanno mai abbandonato, si sono rimessi in marcia solo quando anche noi eravamo in grado di muoverci in sicurezza . Ricordo ancora oggi  il loro scandire del tempo grazie al rito del tè  alla menta detto anche “tè dell’amicizia” rigorosamente attorno al fuoco, che mi ha sempre fatto sentire per tutto il periodo in qualche modo al sicuro e protetta.

Alle Seyscelles, invece sono stata ospite presso una famiglia locale, il contatto con queste persone lo avevo per ragioni lavorative. Mi hanno preparato ed offerto un cibo per loro molto prelibato, qui  la gente delle isole, lo alleva in  piccole quantità, si tratta del pipistrello.

Ebbene si, ho mangiato il pipistrello al curry, nonostante la presentazione molto curata e colorata, in quanto guarnito di verdure e fiori, vi garantisco che ho impiegato molto tempo nel mangiare la mia porzione, la cui carne assomiglia a quella di un coniglio.

Ai Caraibi invece ho imparato che se sei invitato e la famiglia ti offre un piatto di carne, non importa se dura, troppo cotta, immersa in salse piccanti e fagioli che ne coprono il gusto, sei considerato un ospite importante e molto gradito. Mi hanno spiegato che il pesce lo mangiavano gli avi  in tempo di schiavitù, per cui poter  offrire  cibo differente e costoso per loro è motivo di orgoglio e di “status” sociale.

Io adoro il pesce e soprattutto i crostacei, ma la gentilezza, i sorrisi, l’allegria e l’ospitalità  ricevuta è stata impagabile  e comunque mi sono rifatta in altre occasioni con grigliate  gustose  in riva al mare oppure mangiando la cotoletta di carne di squalo, bianca e filamentosa, meglio se ammorbidita da limone e accompagnata da insalatine.

In Senegal, nella regione del Sine Saloum, dopo aver assistito ad una battuta di pesca,  ho mangiato un magnifico carpaccio di Barracuda, era così strepitoso che se chiudo gli occhi provo ancora la sensazione di avere il sapore del mare in bocca!

Appurato che quando si visita un Paese diverso dal nostro, assaggiare piatti tradizionale aiuta a conoscere meglio la cultura locale, quando sono capitata di fronte a pietanze al limite della sopportazione dove ho fatto veramente molta fatica anche con un semplice  assaggio, un po’ per l’odore, l’aspetto ed il contenuto, devo confessare che  ho inventato scuse strane e dolori immaginari. Per me off limits sono gli insetti, come formiche, lombrichi, cavallette e via dicendo. Questi cibi nelle zone rurali  del mondo sono considerati le principali fonti di proteine, in grado di garantire una dieta nutriente. Anche se mangiare insetti potrebbe diventare la nuova tendenza del mondo occidentale, io nutro comunque e sempre delle grosse difficoltà ad ingerirli.

Gli unici vermi che sono riuscita ad assaggiare sono quelli presenti nel “casu marzu” mangiato nella zona della Barbagia in Sardegna.

Il “casu marzu”il cui significato è formaggio marcio è un tipo di formaggio che durante la stagionatura viene lasciato intenzionalmente infestare dalle larve di una mosca, detta la mosca casearia. Generalmente questa mosca è temuta ed evitata da tutti i caseifici, ma nel caso del casu marzu essa diviene essenziale per la corretta stagionatura del formaggio.

A questo punto posso concludere che ogni viaggio ha il suo gusto , che ogni esperienza merita di essere raccontata e che ovunque nel mondo il cibo porta condivisione, buoni pensieri e favorisce l’apertura al prossimo.

 

 

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